Dal Flow alla Peak Performance
5 Gen 2024 - Sport

Nel 1975 lo psicologo ungherese Mihály Csikszentmihályi introdusse il concetto di flusso (in inglese “Flow”) per indicare uno stato di coscienza in cui la persona è completamente immersa in un’attività ed in armonia con l’ambiente circostante. Il Flow presuppone passione e creatività, il pieno coinvolgimento delle migliori abilità della persona, la sua attenzione totale, la chiarezza della meta da raggiungere, un ottimale senso di controllo, il corpo e la mente impegnati al limite. Questo concetto è stato trasposto in diversi campi, come in quello della spiritualità, dell’istruzione, della seduzione e dello sport. Nella psicologia dello sport si associa il modello di Flow come base per il raggiungimento della Peak Performance, vale a dire la prestazione sportiva dove l’atleta si esprime al di sopra del suo standard abituale. Più l’atleta percepisce e potenzia il suo stato di Flow, migliori saranno le condizioni mentali per esprimere la Peak Performance, potendo così valutare al meglio le condizioni con l’ambiente esterno e i suoi stati psichici interni. Si può dire che il Flow è la condizione che predispone la Peak Performance.
Per Csikzentmihályi una persona può scegliere se essere felice, o infelice, cambiando il proprio stato di coscienza. Si pensa che per essere felici basti una casa grande, una nuova auto, tanti soldi, ma per lo psicologo e varie ricerche non è così. Il suo studio dimostra che il 30% delle persone intervistate negli Stati Uniti tra il 1956 e il 1975 affermano di essere molto felici nonostante, queste stesse persone, dispongano di un reddito diverso le une dalle altre dimostrando che non è il reddito e il benessere materiale a rendere l’uomo felice.
Ciò che dobbiamo cambiare o migliorare quindi, è lo stato di coscienza. Come farlo?
Il miglior modo di modificare il nostro stato di coscienza è porci in uno stato di esperienza ottimale chiamato Flow. Csikzsentmiháhilyi descrive questo stato come quello stato dove si è talmente immersi in un’attività che non esiste altro, non si pensa ai problemi, al tempo che scorre, al senso di fame e di sete, alla stanchezza, ma solo a godersi quel momento che per un poeta può essere scrivere una poesia, per un musicista comporre un brano o per uno sportivo dedicarsi alla propria attività.
Lo psicologo ungherese individua sette fattori chiave per capire se siamo nello stato di Flow:
- Siamo completamente immersi nell’attività che stiamo svolgendo – siamo concentrati.
- Un senso di estasi – uscire dalla routine quotidiana.
- Senso di chiarezza interiore – sapere come e cosa stiamo facendo, quindi avere obiettivi chiari e non aver paura di sbagliare.
- Sapere che l’attività è realizzabile anche se difficile – le nostre capacità devono essere al pari del compito da svolgere.
- Un senso di serenità – ci si dimentica di se stessi e ci si sente parte di qualcosa di più grande.
- Non esiste il tempo – si è concentrati sul presente, le ore sembrano passare in minuti.
- Motivazione intrinseca – dopo aver svolto l’attività si prova un senso di appagamento – esperienza autotelica.
Quando tutti questi fattori si verificano, allora stiamo facendo quello che ci piace fare.
Questo grafico qui di seguito riporta sull’asse delle ascisse le abilità della persona e sulle ordinate la sfida percepita in quel momento.

Per ogni persona si può stabilire una media che è il centro del diagramma. Si tratta del livello medio tra sfida e abilità che è diverso da persona a persona. Se si conosce con certezza dove si trova quel punto fisso in ognuno di noi è possibile predire con estrema accuratezza quando avverrà un’esperienza di Flow, ossia, quando le sfide sono più alte della media e quindi anche le abilità lo saranno. È un’esperienza diversa da persona a persona, ma quando si raggiunge lo stato di Flow stiamo facendo ciò che amiamo fare al massimo del nostro potenziale. Le altre aree diventano man mano sempre più negative. Lo stato di eccitazione è positivo perché si è sotto sfida. Le nostre abilità non sono sviluppate come dovrebbero, ma ci si può muovere facilmente nello stato di Flow migliorando le proprie abilità. Per cui, l’eccitazione è l’area dove le persone imparano di più, perché è lì che si esce fuori dalla comfort-zone. Il controllo è anche un buon posto dove trovarci, perché ci si sente comodi, ma non molto eccitati e l’attività non diventa più stimolante e se si vuole arrivare alla zona Flow passando dalla zona di controllo bisogna aumentare le sfide.
Dunque, le aree di controllo e di eccitazione sono ideali e complementari perché spostarsi verso la zona di Flow risulta più facile rispetto alle altre combinazioni sfida-abilità come quella dell’apatia dove la persona sente che non sta facendo niente e continuerà a non fare niente. Molte persone sanno come creare Flow, altre invece, no.

Abbiamo dunque capito come sia importante riuscire a vivere un’esperienza ottimale per il benessere quotidiano. Ognuno di noi raggiunge il suo stato di Flow facendo ciò che più ama. Cerchiamo di trasporre il concetto di Flow dall’ambito psicologico a quello sportivo.
Pelé nel giocare a calcio dice: “…è come se provassi una strana calma… una specie di euforia. Sentivo che potevo correre per tutto il giorno senza stancarmi e che potevo dribblare qualunque giocatore della squadra avversaria e quasi passare fisicamente attraverso loro.”
Personalmente ho vissuto diverse volte questa esperienza di flusso ottimale mentre mi allenavo o mentre gareggiavo. La mia disciplina consiste nell’effettuare delle figure coreografiche prestabilite, in aria o nel tunnel del vento, nell’arco di 35 secondi con altri tre componenti del Team. La sensazione che personalmente provo quando sono nel Flow è davvero unica, perché è come sentirsi invincibili, forti, veloci e mentalmente sei al massimo, tutti i sensi sembrano essere più sviluppati in quel momento ed è come non essere nel proprio corpo perché quasi non lo percepisci per la leggerezza, sembra di osservare se stessi dall’esterno in quel momento.
Nella psicologia dello sport si definisce trance agonistica e diversi studi compiuti su atleti che si trovano nello “stato di Flow” hanno mostrato che le loro onde cerebrali vibrano al confine tra lo stato Alpha e lo stato Theta, operando in maniera simile alle onde cerebrali di chi è immerso nella meditazione.
Si può quindi dire che la Peak Performance la si raggiunge quando il nostro cervello raggiunge la frequenza ideale per lo stato di Flow durante l’allenamento o la competizione.

Se ci troviamo in uno stato di eccitazione, bisogna incrementare le proprie abilità e saremo propensi a farlo uscendo dalla comfort-zone, se invece, ci troviamo nel livello di controllo, allora ci sentiamo a nostro agio, ma così facendo non riusciremo a performare al meglio delle nostre potenzialità cadendo nella routine, senza nuovi stimoli che ci porteranno pian piano a perdere la passione verso lo sport che amiamo. Importante, quindi, trovare sempre nuovi stimoli e sincronizzare le nostre onde cerebrali nella zona Flow.
Cosa sono le onde cerebrali? È sufficiente raggiungere la frequenza ideale per performare al limite del nostro potenziale? Come poterlo raggiungere? Quanto incidono le onde cerebrali sulla performance e come sfruttare le diverse onde per diversi compiti?
Partiamo dal presupposto che tutti i processi mentali, cosiddetti superiori, di cui uno sportivo ha bisogno, quali la motivazione, l’attenzione, la presa di decisione, la memoria e l’apprendimento provengono dal nostro cervello e sicuramente anche la felicità, stato base per performare al meglio.
Il nostro cervello, oltre al controllo di fattori psicologici, governa l’esecuzione motoria attraverso gli impulsi neuronali, quindi un segnale elettrico che parte dal nostro cervello e arriva alla placca motrice situata sulla fibra muscolare grazie alla comunicazione tra neuroni mediante sinapsi. Senza il cervello non ci sarebbe movimento.
Il segnale elettrico prodotto dalla comunicazione tra i neuroni nel cervello produce le onde cerebrali. Abbiamo 5 onde cerebrali che sono Gamma, Beta, Alpha, Theta e Delta rispettivamente dalla più veloce alla più lenta e vengono misurate in Hertz (Hz). Queste onde cambiano in base a quello che stiamo facendo e alle sensazioni che stiamo provando.
Le onde Gamma sono le più veloci, 40-100 Hz, e quelle scoperte più recentemente. Queste onde sono coinvolte nei processi cognitivi superiori e sono importanti per l’apprendimento, la memoria e l’elaborazione delle informazioni.
Elevate frequenze di onde gamma possono portare ad ansia e stress.
Le basse frequenze sono state riscontrate in soggetti con disturbi da deficit di attenzione/iperattività o soggetti depressi. Frequenze Gamma ideali, invece, le riscontriamo nei processi cognitivi, elaborazione delle informazioni, apprendimento, memoria, percezione, sonno REM.
La meditazione è lo strumento che ci consente di aumentarle.
Le onde Delta, 0-4 Hz, sono le più lente e le raggiungiamo nel sonno profondo e nella meditazione profonda trascendentale.
Alti livelli di Delta possono causare danni al cervello e ci riesce difficile ragionare. Bassi livelli, invece, portano a insonnia e all’incapacità di rigenerare il cervello.
Frequenze ottimali portano all’autoguarigione e al sonno profondo importante per i processi di ristoro.
Le onde Beta che oscillano tra i 12 e i 40 Hz sono associate ai normali stati di coscienza e ad alti livelli di attenzione, logica, memoria e problem solving. Avere la giusta frequenza Beta ci aiuta a restare concentrati, ma una soglia alta può portare ad elevati livelli di stress, ansia, irritabilità, paura che innescano nel nostro corpo delle reazioni a catena mentali e fisiologiche che non ci permettono di raggiungere la giusta performance (come ad esempio la produzione del Cortisolo).
Le onde alpha, 8-12 Hz, sono dominanti durante il rilassamento ed è lo stato di confine tra il pensiero conscio e inconscio.
Alti livelli di onde Alpha ci portano ad un eccessivo rilassamento, viceversa ci portano ad ansia, stress, insonnia. Stati ottimali portano al rilassamento e gettano le basi per lo stato di Flow.
Arriviamo alle onde Theta, 4-8 Hz, frequenza ottimale di creatività, emozioni, intuizioni, rilassamento, ma se troppo alte o basse portano ad ansia, depressione, iperattività, impulsività.
Performare al meglio, vuol dire essere reattivi al punto giusto, ma al tempo stesso rilassati al punto giusto. Il segreto, in tutto, è l’equilibrio.
L’equilibrio per la Peak Performance si trova nello Sweet Spot tra lo stato Alpha e Theta dove la creatività incontra lo stato di rilassamento dando la possibilità all’atleta di raggiungere lo stato ottimale di Flow che precede la Peak Performance dove il lavoro sembra non faticare sul nostro corpo.